Dal comunicato della Roma, ore 8,32, alle parole di Luciano Spalletti, si comincia alle 13. Tutto in questo martedì, a due giorni scarsi dall’ultima scena all’Olimpico. L’addio consensuale dopo un anno e mezzo di tutto e di più (di Totti), una squadra ricostruita e rigenerata fino a vestire i panni dell’anti-Juve, ecco il tecnico toscano raccontare la sua verità, preparandosi all’avventura più intrigante della sua carriera: sollevare l’Inter dal fondo del Grande Calcio per riportarla dove dovrebbe stare. Con il consenso dei cinesi e le strategie dell’amico-manager Sabatini. Con Spalletti, in conferenza, anche i direttore sportivo Monchi.
LE PAROLE DI SPALLETTI
“Ringrazio il direttore Monchi per le sue belle parole. Anche per me sarà un rimpianto non poter lavorare con lui. Ora con l’addio di Francesco qui c’è bisogno di un punto di riferimento, personalità spiccata, carisma. E Monchi ha queste virtù. Lui riuscirà a compattare la Roma, riuscirà là dove non sono riuscito io e sarà una grande Roma”.
Mister, il voto alla stagione della Roma?
“Prima devo dire certe cose. Il mio pensiero va a tutti quelli che lavorano dietro le quinte, a quelli che preparano tute quelle cose che fanno diventare facile il nostro lavoro. Io sono un po’ disordinato, senza di loro non so come avrei fatto. Tutti gli addetti che viaggiano a fari spenti nei corridoi di Trigoria, noi rovesciamo tutto e loro ce lo fanno trovare a posto. Poi i calciatori, la società, il mio staff, tutti gli staff della Roma. Ora questa Roma guarda al futuro ed è forte. Ricominciamo, da domani. Il voto non spetta a me, spetta a voi. Dire se potevamo fare meglio, di più. Vi voglio solo dire che ho lavorato in modo profondo e serio, cercando di fare il bene della Roma. Col mio modo di fare, e mi fido di questo. Ognuno dia la risultanza che vuole. Io ho gioito e sofferto molto”.
Lei ha fatto 133 punti con la Roma in un anno e mezzo. Che foto le appartiene?
“La foto della serietà del gruppo. Come abbiamo lavorato ogni giorno. Quello è il biglietto per confrontarsi a testa alta contro ogni avversario. Se non lavori in modo serio, non vai avanti. Il lavoro dei ragazzi e i risultati che ci hanno fatto ridere e anche soffrire”.
Cosa le resta dopo questi 18 mesi?
“Bah, tante cose, le solite cose. Ovvero l’obiettivo di tutti noi, la vita professionale e personale, il coinvolgimento e la disponibilità, le qualità per fare un certo calcio, di alto livello. Quando ho preso la Roma, un anno e mezzo fa… Io non mi ero mai staccato dalla Roma, quando ero in Russia. Abbiamo fatto quello che si doveva fare. Poi ci sono i passaggi, gli episodi… Ma lasciamo una Roma forte, lascio una Roma forte, una squadra che ha individualità importanti, che è un collettivo. Forse si poteva far meglio, come obiettivo di tutti. Non ci sono riuscito, non abbiamo remato tutti dalla stessa parte. Questa marea romanista è molto alta, magari ripartendo dalla partita di domenica quando sembrava una festa, e sembrava un addio, c’è stato l’addio del grandissimo fenomeno calcistico che è Totti. Lì si è visto rinascere… E’ come una bella donna che ha in grembo qualcosa che può rinascere, quel sostegno totale tutti insieme verso una direzione che è quella… Mi dispiacer lasciarla, devo dire”.
Che cosa non rifarebbe?
“Errori ne ho fatto, ho detto cose forti in certi momenti… Con la società, con la squadra. Poi certe parole magari non fanno bene al gruppo, ma se fossero considerate dentro un certo rapporto, le valuteremmo in un altro modo. Io ho percepito certe cose, una guerra fra me e Totti che con esiste, quei fischi io non me li merito, per come ho lavorato. Poi si è andati avanti con questa storia e crea una linea di demarcazione che può essere una difficoltà anche per la Roma futura. Quelli che hanno portato avanti questa divisione interna, ora… Ora non c’è più Totti, e bisognerà far fronte a questo che è un grande problema, quello che è nato domenica attorno a Totti è speciale, è un amore per la Roma, senza barriere, questa unità che è fondamentale. Io spero che questa sia linea che ci compatta tutti”.
LE PAROLE DI SPALLETTI – la Conferma
“Io con Francesco sono amico. Vado a cena, ci andrò a cena. Io e Francesco siamo persone che si rispetteranno sempre. Se c’è qualche ventriloquo che parla, non so che farci. Fra me e lui stima reciproca e parole sincere. Sono dispiaciute più a me che a lui”.
Terzo e secondo posto. Va via perché non si può fare di più?
“No. Io posso essere maledetto e schifoso, ma faccio le cose per bene, esibendo quello che posso esibire, fidandomi di me. E’ da vent’anni che faccio questo lavoro. Poi ognuno deciderà se le cose che faccio le ho fatte bene o meno bene. Voi avete la possibilità di stare a contatto con noi. I miei obiettivi sono sempre stati di fare più risultati possibili con la Roma, per la Roma, Fino a domattina dirò sempre queste cose”.
Non c’è altro che non rifarebbe?
“No. No. Io mi fido di me stesso. Abbiamo perso col Lione, abbiamo perso coi nostri vicini a casa. Gare fondamentali. Ma non mi sono piaciuti quei fischi, non me li sono meritati, non me li meritavo”.
Cosa manca a questa Roma per vincere?
“È il limite che si vuol dare a questo sport. Secondo me per quello che ho detto pensavo di avere delle qualità dentro la squadra perché con i direttori precedenti, con il presidente avevamo cercato di allestire qualcosa di importante facendo uso delle potenzialità a disposizione. Poi ci sono anche gli altri, bisogna fare valutazioni obiettive. La Juventus ha meritato di vincere, non ha permesso di mettere mano a nessuno”.
Chi ha remato contro?
“Ho parlato della coscienza mia e di altri. Ho fatto il mio lavoro, penso che Francesco sia un grandissimo calciatore, lascia un vuoto difficilmente colmabile. Se non facciamo gruppo, se non ci compattiamo… qui c’è bisogno di fare gruppo, di stare uniti e vicini. Perché l’esaltazione di un solo elemento portata ai massimi livelli disturba anche l’elemento stesso. Cosa che non ha subìto perché lui è l’Assoluto, perché è stato forte anche dentro questa esaltazione assoluta. Si è preso le responsabilità di quello che gli era stato dato. Ma appiattisce gli altri e quando difendo gli altri per voi è un andare contro di lui, ma non è così. Non ci sono riuscito in un anno e mezzo a fare questo, è segno che ho fallito nella cosa più importante perché la Roma ha potenzialità di struttura, ambientali, di forza, di città. La prima cosa che volevo fare è riuscire a compattarli per lo stesso obiettivo e non ci sono riuscito, mi dispiace”.
La ricorderanno come il nemico di Totti. Le spiace?
“Quando sono arrivato, la Roma era in difficoltà di gioco, non c’erano leader, non c’era una situazione che lasciasse intravedere un’uscita veloce e repentina. Ho dovuto prendere delle decisioni e hanno portato a un percorso dove probabilmente Francesco è stato tra quelli che ho ringraziato di più avendolo penalizzato facendolo giocare di meno. Vorrei non me ne volesse, se ha giocato poco come dite e questa Roma ha fatto il record di punti, ci sarà possibilità di avere un altro modo di fare per arrivare alla vittoria. Questo senza togliere niente al fenomeno che ci ha fatto vedere giocate impossibili. È dall’estro del campione che si tira fuori un concetto di squadra che non sapevo. Ci ho preso dentro le sue qualità per mostrare una strada ai compagni di squadra. Chiaro, c’è sempre la volontà di ognuno e un voler sintetizzare quello che ci pare”.
LE PAROLE DI MONCHI
Prima di Spalletti, la breve dichiarazione del ds Monchi: “Apro questa conferenza stampa annunciando la conclusione del rapporto di lavoro con Luciano Spalletti. Con lui è stato, per me, un lavoro breve e molto intenso. Io avevo un concetto eccellente del mister, prima di arrivare qui. Dopo aver lavorato con lui, la mia stima si è moltiplicata, a livello personale e professionale. Lo ringrazio per i risultati ottenuti. Ora per noi inizia una nuova tappa e dobbiamo continuare a crescere, lo faremo di sicuro e spero che il cammino nostro e di Luciano possano di nuovo incrociarsi. E dico a Luciano: Trigoria era e resta la tua casa”.