Nba e razzismo:stop ai playoff

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ROMA-I Milwaukee Bucks non giocano. Boicottano la partita di playoff, gara 5 di 1° turno contro Orlando. Si fa la storia. Sono le 22 italiane del 26 agosto 2020. I giocatori, i 16 giocatori dei Bucks nel campus di Orlando mettono in scena una protesta forte, potente, che farà discutere. Non giocano perché protestano contro la brutalità della Polizia statunitense nei confronti degli afroamericani. Non giocano per l’ultimo episodio, per la sparatoria che ha visto Jacob Blake finire paralizzato dopo essere stato colpito ancora e ancora, sette volte, dai proiettili delle forze dell’ordine a Kenosha, appunto nel Wisconsin, lo Stato di Milwaukee. Una vittima innocente, secondo le ricostruzioni dell’accaduto statunitensi, colpito senza colpe. La squadra di Giannis Antetokounmpo, probabile MVP della lega, la squadra col miglior record NBA in stagione regolare dunque dice basta. Nel campus di Orlando le rivendicazioni sociali erano state tante. Contro il razzismo. Contro le ingiustizie sociali. I messaggi sulle maglie. Adesso arriva un passo epocale. Anche politico, come implicazioni, con le elezioni presidenziali americane in programma a novembre. Un passo che sarà ricordato nei libri di storia: come la protesta dei velocisti statunitensi all’Olimpiade di Città del Messico, nel 1968. Quel pugno chiuso, allora, di Smith e Carlos. Quel vuoto nella palestra di Orlando, oggi.

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